Recensione – Le linee del vento

Recensione – Le linee del vento

Le linee del vento

di

Katrin Pujia

“Con coda ondeggiante e criniera al vento, 

le froge selvagge mai contratte dal dolore 

e bocche non insanguinate da morso o redine, 

e piedi che il ferro mai calzò, 

e i fianchi intatti da sprone o frusta, 

un migliaio di cavalli, selvaggi, liberi, 

come onde che si inseguono nel mare, 

giunsero fitti tuonando.”

Lord Byron

C’è una linea sottile che separa la bellezza dalla libertà, l’esistenza dal mito. 

Katrin Pujia abbandona il connubio perfetto di ceramica e ferro delle sue sculture precedenti, per tornare a una sintesi concettuale che prende forma, nelle linee stilizzate di un cavallo. Un insieme di armonia e leggerezza che coglie tutte le caratteristiche del quadrupede più conosciuto della terra. Quelle che osserviamo sono linee sintetiche e curve che abbracciano un movimento intrinseco e costante e occupano uno spazio fisico nel mondo circostante. 

Un evoluzione empirica che ripropone il gioco dei vuoti e dei pieni tipico dell’astrattismo delle sculture precedenti e si avvicina, con una figurazione più dettagliata, alla stessa concettualità stilistica del “bacio”. Altra opera interamente sagomata in ferro, secondo forme astratte e linee innovative. 

In quest’ultimo lavoro le labbra lasciano spazio ad una criniera selvaggia e a una testa triangolare che si protende verso il futuro, con fierezza e forza. Un’opera libera e libertaria che abbraccia la forza della sintesi e la passione dell’uomo verso il confine inesplorato della bellezza. 

Un animale fiero e indomito quello rappresentato mette nuovamente a nudo l’evoluzione stilistica dell’artsita veneta. Mostrando al mondo la molteplicità di elementi che caratterizzano la sua scultura  e il suo modo di creare. Una tecnica quella utilizzata che asseconda linee mutuate dalla natura e dai dipinti classici in un connubio tridimensionale quanto originale.

Ciò che ci troviamo a osservare è pertanto una rappresentazione estatica di un’essenza fisica, che abbraccia solo parzialmente la figurazione, lasciando alla memoria il ricordo del mito. 

Christian Hunouda

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