Recensione – Due Anime

Recensione – Due Anime

Due anime

di

Katrin Pujia

“Dove può l’uomo nel mondo intero trovare nobiltà senza orgoglio, amicizia senza invidia, bellezza senza vanità? Egli serve senza servilismo, combatte senza inimicizie. Non c’è niente al mondo di più potente, niente di meno violento, niente di più veloce, niente di più paziente”.

Ronald Duncan.

C’è un legame atavico che unisce l’uomo al cavallo. Un reciproco rapporto di mutuo soccorso che eleva entrambi ad una nuova dimensione spazio temporale. E’ dai tempi Arione e Demetra che la figura del cavallo fa capolino nei testi e nel mondo civilizzato del nostro tempo. L’opera di Katrin Pujia è la sintesi mitologica di questa unione, che rende attraverso un mezzo povero quanto ricercato la fusione intima di due entità che si sfiorano, senza mai arrivare a toccarsi. Due anime è l’essenza estetica e stilistica della figura mitologica del centauro. La rappresentazione furiosa del vento che raccoglie le ali perse di Icaro e si trasforma in manifestazione assoluta di potenza e fierezza. 

La scultura però, può essere pertanto letta sotto più chiavi di lettura, che si spostano dalle riproduzioni seicentesche delle battaglie medievali al lento cammino dell’essere umano verso la civilizzazione. Il cavallo diventa pertanto non solo animale da soma, ma anche compagno silenzioso della crescita evolutiva del mondo stesso. 

Un’unione di pelo e pelle, sudore e fatica quello che accomuna le due anime della scultura che come un sogno troppo a lungo desiderato si sgretola nelle estremità delle forme. E’ infatti nella ricerca antitetica delle essenze e dei muscoli che le idee prendono forma. Laggiù, in quello spazio immaginato in cui Arione sbuffa e sorride. 

Christian Humouda

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